Dopo un inizio di campionato in salita, ecco la prima vittoria per la nuova Juve targata Del Neri-Marotta. Il nuovo corso di Galileo Ferraris ha puntato tutto sulla coppia che ha portato la Sampdoria in Champions League, valorizzando il gioco sulle fasce e costruendo una squadra operaia, in cui spicca l’assenza di veri e propri fuoriclasse.
I limiti palesati nelle prime due uscite in campionato e nel pareggio 3-3 in Europa League contro i non irresistibili polacchi del Poznan erano soprattutto di natura difensiva, con Bonucci impreciso negli anticipi e nel tenere la posizione e Chiellini troppo ruvido ed incapace di dare avvio all’azione in maniera efficace: se la coppia centrale funzionava a ritmo alternato, gli esterni riuscivano a fare addirittura peggio, con Motta autentico uomo in più per gli avversari e De Ceglie troppo timido nelle proiezioni offensive e poco attento in fase di copertura.
Ma nel calcio, si sa, il goal è la medicina giusta per ogni male e così contro l’Udinese basta l’autogoal di Coda su consueto inserimento di Bonucci in fase d’attacco su un calcio di punizione dalla destra a mettere la partita lungo i binari della squadra bianconera: avanti di un goal e con l’Udinese disorientata, vengono fuori tutti gli aspetti positivi del gioco di Del Neri. Sulle fasce la Juve domina e sui cambi di passo di Krasic Pasquale va costantemente in difficoltà, mentre al centro del campo la qualità di Marchisio compensa le carenze di un Felipe Melo meno confusionario del solito.
Lo 0-4 finale, firmato oltre che da Bonucci, dal goal di tacco di Quagliarella e dalle reti di Marchisio e Iaquinta, racconta di un attacco che gira a mille, sintomo di una fase offensiva che lavora a pieno regime e già registrata a dovere da Del Neri e dal nuovo staff tecnico, mentre ancora qualche perplessità rimane circa la fase difensiva e la qualità in mezzo al campo. La sterilità offensiva dell’Udinese infatti non può essere un sufficiente banco di prova per una difesa che ha concesso 3 goal a partita in queste prime uscite: l’impressione è che la difesa rimanga eccessivamente alta (difetto questo già visto e rivisto nell’era Ranieri), lasciando spazio a contropiedi rapidi soprattutto partendo dagli esterni, dove Grygera è deputato a sostituire per qualche settimana De Ceglie e dove Motta ha costantemente bisogno di essere aiutato dal centrocampo. Inoltre, manca una solidità mentale per tutto l’arco dei Novanta minuti, evitando cioè quelle amnesie che sono costate care sia in Campionato che in Europa League.
Proprio a questo proposito, a centrocampo risiedono gli ultimi rebus da risolvere per Gigi Del Neri: Felipe Melo ha dimostrato una volta di più di non poter essere un regista, mentre Marchisio dà il meglio di sè nel finalizzare inserimenti partendo da dietro.
Con Aquilani ancora in rodaggio e Sissoko con le valigie in mano destinazione Germania (con ogni probabilità a far compagnia a Diego al Wolfsburg), Del Neri ha per le mani una squadra senza un vero costruttore di gioco: mancano cioè i Corini, i Poli/Palombo, i perni su cui il tecnico di Aquileia ha fabbricato i suoi giocattoli perfetti.
Dal punto di vista dei singoli, si sta dimostrando un uomo in più in fase offensiva Leonardo Bonucci: gli inserimenti dei due centrali di difesa bianconera sono sempre pericolosissimi per le difese avversarie, come testimoniato anche dai 2 goal di Chiellini in Europa League. Gli schemi su calcio piazzato funzionano anche grazie ad un tiratore eccelso come Alessandro Del Piero, il cui rendimento a dispetto degli anni continua ad essere di assoluto livello, pur con meno iniziative in dribbling e gioco in velocità e uno-due.
Il vero protagonista della goleada bianconera è però Milos Krasic: è grazie alle sue volate sulla fascia che finalmente possiamo parlare in termini positivi dei 15 milioni spesi dalla società per strapparlo ai Russi del CSKA Mosca. Dalle sue iniziative nascono gran parte dei pericoli per l’Udinese, con cross sempre precisi e con costante partecipazione nel vivo del gioco. Con il senno di poi è quindi forse stato un errore farlo partire troppo presto e sulla fascia opposta a quella abitualmente ricoperta sia in Nazionale che a Mosca: riportandolo a destra e dirottando Pepe sulla sinistra si è ridato fiato ai polmoni di un giocatore importante e di caratura internazionale.
Infine, menzione speciale anche per Quagliarella, a nome dell’intero attacco bianconero: a dispetto della latitanza in fase offensiva della stagione scorsa, l’inizio arrembante non porta la firma del bomber da 15-20 goal lungamente e vanamente inseguito in sede di mercato. Niente Pazzini, niente Adebayor e soprattutto niente Dzeko: tocca a Quagliarella e Iaquinta, aspettando il ritorno di Amauri, timbrare il cartellino e i due hanno finora dimostrato di poter tornare realmente utili alla causa qualora serviti in maniera adeguata.
Come si dice in questi casi, non era tutto da buttare prima, non è tutto da esaltare adesso: occorre dare continuità al bel gioco d’attacco e alla solidità difensiva. Certo è che forse per la prima volta abbiamo potuto apprezzare i frutti di un progetto agli inizi e dopo anni in cui le campagne acquisti e le formazioni non riflettevano alcun tipo di ragionamento o scheletro alla base, questa è già di per sè una notizia positiva.
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