Probabilmente, quella che si è appena conclusa con la corsa di Kobe Bryant davanti al pubblico festante dello Staples Center, dopo la tripla sbagliata da Rajon Rondo, non verrà ricordata come la serie finale più bella tecnicamente o a livello di gioco che si sia mai vista nella NBA: quel che è certo, è che l’equilibrio ha regnato sovrano anche in quest’ultimo atto delle Finals, caratterizzato da grande difesa, punteggio basso e quella tensione che ti fa mancare il respiro e tremare le gambe ad ogni minimo secondo che scatta sul cronometro di gara.
Trionfano i Lakers, che mettono in bacheca il loro sedicesimo anello, il quinto dell’era Bryant, che ora con questo back to back titolato può finalmente mettere un punto ed andare a capo alle frasi che ne hanno accompagnato la carriera di campione: “Vince perchè c’è Shaq” e affini. Il numero 24 gialloviola disputa una delle sue peggiori partite ai playoff, dal punto di vista balistico, condita da scelte di tiro discutibili, piccole forzature e una inconsueta imprecisione in conclusioni e movimenti che invece rientrano nel suo trademark cestistico. Ciò nonostante, i Lakers tirano fuori dal cilindro una prestazione globale, di grande autorità, senza farsi prendere dal panico anche quando Boston sembrava aver allungato inesorabilmente.
Ai Boston Celtics va sicuramente concesso l’onore delle armi: i grandi campioni si vedono nei momenti che contano e nonostante una Regular Season balbettante e zoppicante i Celtics hanno disputato dei playoff all’altezza del loro nome e della loro storia, chinando il capo unicamente all’atto finale contro i numeri 1 della Western e campioni in carica.
Gara 7 ha seguito a grandi linee il canovaccio con cui si era chiusa la preview online ieri: i Celtics sono partiti forte, con Rasheed Wallace, autore dei primi 4 punti, che prova a far dimenticare ai tifosi biancoverdi l’assenza di Kendrick Perkins, presente “in borghese” in panchina. La mancanza del proprio centro titolare si fa sentire soprattutto a rimbalzo, dove Gasol, Bynum e anche Bryant viaggiano sin da subito a cifre esorbitanti: LA chiude il primo quarto con già 10 rimbalzi offensivi, che fruttano un dominio nei punti concessi da seconda opportunità e palesano un totale controllo nel pitturato. Nonostante ciò, la difesa bostoniana toglie il respiro alle opzioni offensive di Phil Jackson: Kobe patisce la difesa aggressiva di Ray Allen, mai come stasera incollato ai calzoncini del 24 al punto da forzare ogni blocco, per la verità poco energico, di Gasol. L’equilibrio iniziale, scandito dai punti di un positivo Derek Fisher e da due layup consecutivi di Rondo, viene rotto dalla tripla con cui Allen dà il primo vero vantaggio ai Celtics (13-11) a 4’42 dalla prima sirena, cui segue una bimane di Garnett che dà tutta l’inerzia del gioco ai Boston Celtics. Con il pallino del gioco tra le proprie mani, Boston trova punti utili anche da un propositivo Glen Davis, entrato per i problemi di falli di Wallace e Garnett ed autore di 6 punti in conclusione di quarto che fissano il punteggio sul 23-14.
Nel secondo quarto la musica cambia: LA paga l’abulia offensiva di Bryant e Gasol, insolitamente imprecisi anche dalla lunetta, e ritorna in partita solo grazie all’impatto su entrambi i lati del campo di un Artest mai così decisivo in queste Finals 2010. Il parziale di 11-0 con cui i Lakers si riportano avanti viene rotto da un canestro di un positivo Rajon Rondo, che ristabilisce la parità a quota 25: la partita vive di continue alternanze, Garnett riporta avanti i Celtics ma è ancora una tripla di Ron Artest a ricucire il gap per il 29-29 a 3’57 dall’intervallo lungo.
Il punteggio è molto basso, le difese premono e i tiratori fanno fatica: Boston non trova ottimi frutti dal lavoro in uscita dai blocchi di Ray Allen, affaticato per la dura marcatura su Kobe Bryant, il quale continua a non riuscire a dare un senso alla propria giornata, salendo a soli 8 punti a 2’34 dalla sirena del secondo periodo.
Bryant e Gasol mettono insieme un disastroso 6 su 28 e con queste premesse la partita sembra poter tornare sui binari predisposti da coach Doc Rivers: Pierce inizia ad entrare in partita e chiude il secondo periodo a quota 11, dopo un tecnico per un battibecco con l’odiato Ron Artest, il quale inaugura il terzo quarto correggendo dopo un rimbalzo in attacco una propria conclusione stoppata dallo stesso Pierce. L’attacco di Los Angeles si blocca e dopo il canestro di Artest, per trovare un altro bersaglio su azione sarà necessario aspettare ben 4 minuti: i Celtics portano Garnett, Pierce e Rondo in doppia cifra, con il playmaker che sforna assist per i compagni e finalizza con la consueta eleganza le penetrazioni a gran velocità.
Proprio un canestro in layup di Rondo regala ai Celtics il massimo vantaggio sul +13 (49-36) a 8’24 dal termine della frazione: Kobe Bryant striglia Pau Gasol per una blanda difesa e dopo un timeout chiamato da Phil Jackson il ritmo della partita muta radicalmente.
I Lakers ritrovano la vena offensiva e ritrovano un discreto Kobe Bryant e un Pau Gasol in grande spolvero: dopo il 3-12 iniziale, lo spagnolo diventa praticamente infallibile, aggiungendo ai suoi 19 punti finali anche 18 rimbalzi, la metà dei quali presi in attacco.
Sui Celtics iniziano a gravare numerosi problemi di falli, soprattutto nel settore lunghi: Garnett e Wallace sono meno lucidi difensivamente rispetto all’avvio di gara e lo stesso Pierce deve fare molta fatica per provare a contenere uno scatenato Ron Artest.
Il nono punto, con bank shot molto fortunato, della partita di Sheed apre la crisi realizzativa biancoverde, che eccezion fatta per un libero di Rondo si protrae fino alla conclusione del periodo, permettendo a Los Angeles di ritornare fino a -4 con tap in di Lamar Odom (53-57).
La panchina di Boston, a parte i 6 punti iniziali di Glen Davis, si rivela di totale inutilità, con Tony Allen limitato a una manciata di minuti e con un cameo di pochi secondi a firma Brian Scalabrine: Wallace cala alla distanza e il 23-8 del conto dei rimbalzi offensivi a fine gara grida vendetta in rapporto allo sfortunato e grave infortunio occorso a Kendrick Perkins.
Gasol firma il primo canestro del quarto periodo, cui seguono 2 minuti di vittorie difensive e di 0 punti a referto per entrambe le squadre: dopo il nuovo +4 Celtics con i 15 punti di Garnett, una furbata di Bryant coglie in fallo Ray Allen, che tocca leggermente il 24 mentre costui è in elevazione dall’arco dei 3 punti. I seguenti 3 liberi, mandati a bersaglio l’uno dopo l’altro, sono il preludio alla parità a quota 61 raggiunta da un canestro “and one” di Ron Artest.
A 5’56, LA torna a mettere la testa avanti, con due liberi di Bryant su fallo ingenuo di Glen Davis: inizia un duetto gialloviola con Kobe Bryant e Pau Gasol a riscattare le nefandezze commesse a inizio gara. Il 24 scollina quota 20, mentre il 19° punto dello spagnolo a 1’30 dal termine fissa il punteggio sul +6 (76-70) e sembra porre fine alle residue velleità bostoniane: i Celtics però sembrano inesauribili, la loro voglia di non uscire da questa partita, da questa serie e da questa (forse ultima) stagione con possibilità titolata trova concreta realizzazione nella tripla di Rasheed Wallace che riporta la partita a un solo possesso.
“Three point game”: a Wallace risponde immediatamente Ron Artest, sempre da dietro l’arco dei 7 metri e spiccioli, ma è di nuovo una tripla Boston, intestata a Ray Allen, sul decimo assist di Rondo a scrivere l’ennesimo sospiro di passione ed urlo trattenuto in gola per i tifosi di LA.
La Never Ending History vede Boston tornare addirittura a -2, quando Rondo si vede costretto ad affrettare un tiro da 3 che va puntualmente a bersaglio, scuotendo il fondo della retina e tutta la panchina biancoverde. I Lakers però sono infallibili dalla lunetta: tocca a Sasha Vujacic il compito di scrivere la parola fine a questa stagione e i due liberi mandati a bersaglio a 11 secondi dal termine sono gli ultimi punti mandati a referto per la stagione NBA 2010.
Sull’errore di Rajon Rondo da 3 punti, Kobe Bryant può esultare correndo verso l’altra metà campo e andando poi ad abbracciare i compagni: sul finale 83-79, per lui 5° titolo personale, corredato anche dal premio di MVP delle Finals, bissando quello appena conquistato nella stagione passata.
Agli archivi dunque una stagione strana, caratterizzata, pur con un livello cestistico piuttosto basso, da continui cambi di fronte, sorprese ed equilibri ribaltati: strappa un sorriso, quindi, che in una stagione così movimentata alla fine escano vincitori quelli che ai nastri di partenza erano additati dai più come favoriti per un repeat.
Onore delle armi, come detto ai Boston Celtics, i cui campioni hanno dimostrato ancora una volta quanto fossero affrettati certi giudizi circa il loro inesorabile declino e quanto ancora le motivazioni ed il carattere contino in uno sport che sta virando pericolosamente verso lo strapotere fisico a discapito di tecnica, mentalità, intelligenza e capacità di stare in campo.
L’angolo delle statistiche:
LAL:
Pts: Bryant 23, Artest 20, Gasol 19, Fisher 10
Reb: Gasol 18, Bryant 15, Odom 7
Ast: Gasol 4
BOS:
Pts: Pierce 18, Garnett 17, Rondo 14, Allen 13, Wallace 11
Reb: Pierce 10, Wallace 8, Rondo 8
Ast: Rondo 10
Si chiude così la stagione 2010, ma la vacanza per il mondo degli appassionati NBA è molto breve: giovedì prossimo la grande notte del draft, con John Wall, Evan Turner e Derrick Favors pronti a spartirsi i primi 3 posti del seeding, e, a seguire, dal 30 giugno in poi, inizierà la tanto attesa danza dei Free Agent, con tanti grandi nomi pronti a regalare scintille con nuove franchigie o a rasserenare i tifosi rifirmando con quelle attuali.
Leave a Reply
You must be logged in to post a comment.