Clamoroso e curioso evento alla maratona di Boston di domenica. Il kenyano Geoffrey Mutai ha corso la distanza in 2:03.02, migliorando di ben 57 secondi il vecchio record di Haile Gebrselassie (foto), datato 2008, ma… il primato non è valido.
Decisione della Iaaf che – pur conscia della lentezza storica del percorso bostoniano – ha deciso di tenere in conto per la prima volta due fattori climatici come il forte vento a favore e il dislivello oltre i limiti del percorso per non ritenere valido il tempo.
Si torna così a dibattere dell’utilità di un record non realizzato in pista, dunque con condizioni uguali per tutti, ma su percorsi mutevoli e soggetti a mille variabili. Per fare un esempio, la nostra maratona più suggestiva e bella, quella di Venezia, con i suoi ponti nel finale non potrebbe mai far realizzare un record del mondo. A meno di piazzare una macchina del vento dietro al battistrada e sospingerlo con folate clamorose come a Boston!
La soluzione è semplice. O non si considera affatto il record di maratona e la Iaaf smette di occuparsene (in effetti lo considera miglior prestazione, però soggetta comunque a omologazione) oppure si stabiliscono tot gare su percors omologato a priori in cui i tempi sono validi per il record. Nele altre semplicemente non lo sono.
Troppo complesso? A noi non pare. Onore comunque a Mutai e al suo tempo stratosferico, che avvicina ulteriormente la soglia un tempo ritenuta invalicabile delle due ore nette.
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