Parla decisamente il linguaggio degli scalatori il Tour de France 2011 presentato dal direttore Prudhomme. Tanti km da macinare tra vette mitiche di Alpi e Pirenei, tra nastri d’asfalto che hanno scritto e riscritto la storia del ciclismo e della corsa gialla, tra ricordi epici in bianco e nero e istantanee recenti di grandi vincitori e di altrettanto grandi sconfitti: dopo lo scossone doping riguardante Alberto Contador, ancora in attesa di chiarimenti, è tempo di guardare avanti per il Tour ed ecco che a tutti gli appassionati viene offerta una presentazione che promette spettacolo.
GRANDI SALITE – Si rimproverava al Tour della storia contemporanea di aver perso il gusto per le salite, di aver concesso troppo spazio alle cronometro e di aver disegnato tracciati in cui grandi montagne venivano collocate troppo lontane dal traguardo per avere un’importanza significativa sulle sorti della corsa: la risposta degli organizzatori quest’anno è di quelle che fanno ben sperare. Quattro arrivi in salita, con i tapponi pirenaici verso Luz-Ardiden, terreno di conquista privilegiato di Lance Armstrong, e Plateau de Beille, che oltre alle vittorie di Armstrong e Contador, lanciò alla ribalta della corsa francese il compianto Marco Pantani.
Dopo il passaggio in Italia, con arrivo a Pinerolo, toccherà alle Alpi nell’ultima settimana dare il responso definitivo sui nomi che potranno arrivare a disputarsi il Tour 2011 nella cronometro di Grenoble: il Galibier sarà il succoso antipasto per la grande classica dell’Alpe d’Huez, dominata da Pantani nel ’95 e nel ’97 e che ha visto come ultimo vincitore lo spagnolo Carlos Sastre, poi maglia gialla finale nel Tour 2008.
CRONOMETRO – Meno gloria per i cronoman, con soltanto due tappe per mettersi in luce: la cronometro a squadre di Les Essart offrirà i primi verdetti su quali squadre siano più attrezzate per pilotare nella maniera migliore possibile i propri leader, ma saranno i 41 km di Grenoble a scrivere in calce il nome di colui che potrà stappare lo champagne sui Campi Elisi nella consueta passerella dell’ultima tappa.
L’anno scorso toccò a Contador l’onore del primato, dopo un appassionante duello contro il più piccolo dei fratelli Schleck, strenuo avversario fino all’ultimo, tra salti di catena, scatti e contro scatti, sgarbi e occhiatacce: è un Tour macchiato ancora dalla bufera doping, dall’ormai famoso filetto proveniente dalla Spagna che avrebbe portato la positività di Contador al clembuterolo.
La speranza, come troppo spesso ci tocca dire, è che le spettacolo della strada non venga più contaminato da corsi e ricorsi continui, da dubbi e sospetti, da squalifiche, vittorie cancellate e classifiche costantemente da riscrivere: la parola dovrà tornare ai pedali, ai km e alle salite, alla fatica di un traguardo che in certi momenti sembra non arrivare mai e i sorrisi e le braccia alzate di chi – finalmente – ce l’ha fatta.
La parola – insomma – agli eroi di uno sport che, a dispetto di tutto ciò che ne ha funestato la storia recente, sembra davvero non arrendersi mai.
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